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giovedì 6 novembre 2014

I due indagati Montrone e Agnaletti verranno interrogati venerdì a Grosseto. Il perito: «Figure professionali prive di formazione specifica rispetto alla pericolosità delle operazioni»
di Francesca Marruco

«Situazione di generale approssimazione e precarietà delle attrezzature». «Stato dei filtri disastroso». «Sette bombole prive della verifica periodica prevista dalla legge». «Gestione delle operazioni di ricarica assolutamente incompatibili con la sicurezza e diligenza ordinaria». «Figure professionali dei due soggetti indagati non tali da poter individuare una formazione e una informazione specifica adeguata alla particolare pericolosità e delicatezza delle operazioni di ricarica delle bombole».
Conclusioni Le conclusioni della perizia del comandante del nucleo sommozzatori di Grosseto Giorgio Chimenti, mette nero su bianco tutte le più terribili paure di chi per passione sceglie di immergersi sott’acqua. E le accuse che da questa perizia si ergono contro Andrea Montrone e Maurizio Agnaletti, entrambi indagati dopo la strage delle Isole Formiche in cui morirono tre sub perugini, sono gravissime e non lasciano neanche spazio ad interpretazione alcuna: «Le analisi hanno stabilito che le bocchette d’aria dei compressori hanno aspirato aria inquinata dallo scarico dei motori a benzina dei compressori stessi. Il monossido trovato nelle bombole ha la stessa origine di quello dello scarico dei motori».

Disastro Ma questo perché? «Entrambi i compressori – si legge nelle conclusioni della perizia – sono risultati di vecchia costruzione, 1979 e 1997, ed in evidente stato di carente manutenzione e conservazione. In particolare, lo stato dei filtri presenti sull’aspirazione dell’aria per il riempimento è risultato disastroso stante la carenza o assenza di manutenzione e l’impiego di filtri non originali e non idonei all’uso specifico, come previsto nei manuali della ditta». Inoltre, gli esperti hanno rilevato «la mancata osservanza delle prescrizioni imposte dal costruttore sul posizionamento dei motocompressori per la ricarica delle bombole con aria respirabile, con particolare riferimento alle condizioni meteo ( vento) e al posizionamento della presa di aspirazione dell’aria per il riempimento delle bombole. La tipologia di ormeggio della Emery Island, su cui erano posizionati i due motocompressori non poteva seguire i cambiamenti di direzione del vento disattendendo così una delle principali prescrizioni di sicurezza per la vita imposte dal produttore».

Si poteva evitare? E comunque i periti non solo rilevano le criticità, ma elencano anche quali banali accorgimenti sarebbero stati sufficienti per ovviare al problema dell’ormeggio fisso. Secondo Chimenti infatti sarebbe bastato «prevedere una captazione dell’aria posizionata al di sopra della tuga della imbarcazione», oppure «spostare la barca in un altro punto del porto in cui fosse possibile la rotazione della stessa in funzione della rotazione del vento», o ancora sarebbe bastato «un attento monitoraggio della eventuale presenza di CO nelle bombole effettuato anche con analizzatori digitali di modesto importo economico».

Profili inadeguati Insomma, da quello che gli esperti scrivono in questa perizia, il fatto che un terribile incidente come questo non si sia verificato già in precedenza è stato solo un caso fortuito. Il titolare del diving indagato Andrea Montrone, «non è in possesso di nessun requisito professionale certificato che lo abiliti a tale mansione, ma solo di un brevetto di istruttore subacqueo che, in tutta evidenza, attesta competenze diverse da quelle necessarie per le operazioni di ricarica». Maurizio Agnaletti invece, «che materialmente eseguì la ricarica delle bombole la sera del 09/08/2014, collaborava con Montrone senza assunzione ed era privo di ogni qualifica professionale o esperienza lavorativa nel settore, si ritiene- specifica il perito – di evidenziare che molti elementi indicano una gestione delle operazioni di ricarica assolutamente incompatibile con la sicurezza e con l’ordinaria diligenza trattandosi di operazione altamente rischiosa per la vita umana».

Il monossido Delle 33 bombole sequestrate e analizzate ricaricate a ridosso del 10 agosto scorso, in 14 c’era un livello letale di monossido, in sette la quantità era altissima, quando quella prevista dalle norme europee è 5 ppm. Il dottore Fabio Giaimo, ucciso da 2400 ppm di monossido di carbonio, secondo l’analisi del computerino che aveva al polso, era sceso fino a 36 metri e al minuto 15 della risalita ha iniziato una fase parossistica con brusche variazioni di quota. Enrico Cioli, avvelenato da 2015 ppm, era arrivato a 34 metri, e stava risalendo regolarmente fino a quando al minuto 18 della risalita inizia una risalita velocissima e arriva da 23 metri alla superficie in meno di un minuto ( aveva perso conoscenza ed è risalito con la spinta idrostatica). Gianluca Trevani, ucciso da 1610 ppm, era con Cioli, e anche lui, intorno al minuto 18 di risalita accusa malori, che nei successivi due minuti lo uccideranno.

Immediato I due indagati sono stati convocati per venerdì prossimo in procura a Grosseto. Il pm titolare dell’indagine vuole interrogarli. E probabilmente, dopo aver ascoltato cosa hanno da dire, in procura si procederà verso la quasi scontata richiesta di giudizio immediato che potrebbe ancora tramutarsi in rito abbreviato, e sconto di pena per i due indagati, che hanno sempre spergiurato di aver fatto le operazioni in sicurezza.

Articolo estratto da: http://www.umbria24.it/sub-morti-la-perizia-operazioni-di-ricarica-assolutamente-incompatibili-con-la-sicurezza-e-filtri-disastrosi/331555.html

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