I due indagati Montrone e Agnaletti verranno interrogati venerdì a
Grosseto. Il perito: «Figure professionali prive di formazione specifica
rispetto alla pericolosità delle operazioni»
di Francesca Marruco
«Situazione di generale approssimazione e precarietà delle
attrezzature». «Stato dei filtri disastroso». «Sette bombole prive della
verifica periodica prevista dalla legge». «Gestione delle operazioni di
ricarica assolutamente incompatibili con la sicurezza e diligenza
ordinaria». «Figure professionali dei due soggetti indagati non tali da
poter individuare una formazione e una informazione specifica adeguata
alla particolare pericolosità e delicatezza delle operazioni di ricarica
delle bombole».
Conclusioni Le conclusioni della perizia del
comandante del nucleo sommozzatori di Grosseto Giorgio Chimenti, mette
nero su bianco tutte le più terribili paure di chi per passione sceglie
di immergersi sott’acqua. E le accuse che da questa perizia si ergono
contro Andrea Montrone e Maurizio Agnaletti, entrambi indagati dopo la
strage delle Isole Formiche in cui morirono tre sub perugini, sono
gravissime e non lasciano neanche spazio ad interpretazione alcuna: «Le
analisi hanno stabilito che le bocchette d’aria dei compressori hanno
aspirato aria inquinata dallo scarico dei motori a benzina dei
compressori stessi. Il monossido trovato nelle bombole ha la stessa
origine di quello dello scarico dei motori».
Disastro Ma questo perché? «Entrambi i compressori –
si legge nelle conclusioni della perizia – sono risultati di vecchia
costruzione, 1979 e 1997, ed in evidente stato di carente manutenzione e
conservazione. In particolare, lo stato dei filtri presenti
sull’aspirazione dell’aria per il riempimento è risultato disastroso
stante la carenza o assenza di manutenzione e l’impiego di filtri non
originali e non idonei all’uso specifico, come previsto nei manuali
della ditta». Inoltre, gli esperti hanno rilevato «la mancata osservanza
delle prescrizioni imposte dal costruttore sul posizionamento dei
motocompressori per la ricarica delle bombole con aria respirabile, con
particolare riferimento alle condizioni meteo ( vento) e al
posizionamento della presa di aspirazione dell’aria per il riempimento
delle bombole. La tipologia di ormeggio della Emery Island, su cui erano
posizionati i due motocompressori non poteva seguire i cambiamenti di
direzione del vento disattendendo così una delle principali prescrizioni
di sicurezza per la vita imposte dal produttore».
Si poteva evitare? E comunque i periti non solo
rilevano le criticità, ma elencano anche quali banali accorgimenti
sarebbero stati sufficienti per ovviare al problema dell’ormeggio fisso.
Secondo Chimenti infatti sarebbe bastato «prevedere una captazione
dell’aria posizionata al di sopra della tuga della imbarcazione», oppure
«spostare la barca in un altro punto del porto in cui fosse possibile
la rotazione della stessa in funzione della rotazione del vento», o
ancora sarebbe bastato «un attento monitoraggio della eventuale presenza
di CO nelle bombole effettuato anche con analizzatori digitali di
modesto importo economico».
Profili inadeguati Insomma, da quello che gli
esperti scrivono in questa perizia, il fatto che un terribile incidente
come questo non si sia verificato già in precedenza è stato solo un caso
fortuito. Il titolare del diving indagato Andrea Montrone, «non è in
possesso di nessun requisito professionale certificato che lo abiliti a
tale mansione, ma solo di un brevetto di istruttore subacqueo che, in
tutta evidenza, attesta competenze diverse da quelle necessarie per le
operazioni di ricarica». Maurizio Agnaletti invece, «che materialmente
eseguì la ricarica delle bombole la sera del 09/08/2014, collaborava con
Montrone senza assunzione ed era privo di ogni qualifica professionale o
esperienza lavorativa nel settore, si ritiene- specifica il perito – di
evidenziare che molti elementi indicano una gestione delle operazioni
di ricarica assolutamente incompatibile con la sicurezza e con
l’ordinaria diligenza trattandosi di operazione altamente rischiosa per
la vita umana».
Il monossido Delle 33 bombole sequestrate e
analizzate ricaricate a ridosso del 10 agosto scorso, in 14 c’era un
livello letale di monossido, in sette la quantità era altissima, quando
quella prevista dalle norme europee è 5 ppm. Il dottore Fabio Giaimo,
ucciso da 2400 ppm di monossido di carbonio, secondo l’analisi del
computerino che aveva al polso, era sceso fino a 36 metri e al minuto 15
della risalita ha iniziato una fase parossistica con brusche variazioni
di quota. Enrico Cioli, avvelenato da 2015 ppm, era arrivato a 34
metri, e stava risalendo regolarmente fino a quando al minuto 18 della
risalita inizia una risalita velocissima e arriva da 23 metri alla
superficie in meno di un minuto ( aveva perso conoscenza ed è risalito
con la spinta idrostatica). Gianluca Trevani, ucciso da 1610 ppm, era
con Cioli, e anche lui, intorno al minuto 18 di risalita accusa malori,
che nei successivi due minuti lo uccideranno.
Immediato I due indagati sono stati convocati per
venerdì prossimo in procura a Grosseto. Il pm titolare dell’indagine
vuole interrogarli. E probabilmente, dopo aver ascoltato cosa hanno da
dire, in procura si procederà verso la quasi scontata richiesta di
giudizio immediato che potrebbe ancora tramutarsi in rito abbreviato, e
sconto di pena per i due indagati, che hanno sempre spergiurato di aver
fatto le operazioni in sicurezza.
Articolo estratto da: http://www.umbria24.it/sub-morti-la-perizia-operazioni-di-ricarica-assolutamente-incompatibili-con-la-sicurezza-e-filtri-disastrosi/331555.html
Sub morti, la perizia: «Operazioni di ricarica assolutamente incompatibili con la sicurezza e filtri disastrosi»
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