Confermata
anche per il 2015 la partecipazione del CEDIFOP come Socio Effettivo
dell’ UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione, e la partecipazione
attiva nella commissione sicurezza e in particolare nei tre organi
tecnici dei gruppi di lavoro: GL “Sicurezza nelle attività subacquee ed
iperbariche industriali”, che si occupa della norma 11366, “Metodi e
sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro” e “Dispositivi
di protezione delle vie respiratorie”. CEDIFOP è socio effettivo
dell’UNI sin dal 2010. UNI è un’associazione privata riconosciuta dallo
Stato e dall’Unione Europea, che studia, elabora, approva e pubblica le
norme tecniche volontarie, le cosiddette “norme UNI”, in tutti i settori
industriali, commerciali e del terziario.
Possiamo
definire una norma, semplicemente come un documento che dice come fare
bene le cose, garantendo sicurezza, rispetto per l’ambiente e
prestazioni certe. Secondo il Regolamento UE 1025 del Parlamento Europeo
e del Consiglio del 25 ottobre 2012 sulla normazione europea, per norma
si intende una specifica tecnica, adottata da un organismo di
normazione riconosciuto, per applicazione ripetuta o continua, alla
quale non è obbligatorio conformarsi. Spesso, tra la normazione tecnica e
la legislazione esiste un rapporto stretto, a volte inevitabile, ma
anche complesso. Se infatti l’applicazione delle norme tecniche non è di
regola obbligatoria, quando queste vengono richiamate nei provvedimenti
legislativi può intervenire un livello di cogenza, delimitato pur
sempre dal contesto di riferimento.
Va
inoltre sottolineato che tutte le norme UNI sono protette da diritto
d’autore; esso prevede il divieto della riproduzione, anche parziale,
delle norme e dei prodotti UNI su qualsiasi supporto: cartaceo,
elettronico, magnetico ed altri, senza preventiva autorizzazione scritta
da parte dell’UNI. L’utilizzo di queste norme è condizionato al
pagamento di una royalty. Nel 2010, il gruppo di lavoro “Sicurezza nelle
attività subacquee ed iperbariche industriali” ha creato la norma UNI
11366 del 2010, dal titolo “Sicurezza e tutela della salute nelle
attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio
dell’industria”, alla quale ha fatto riferimento il presidente Monti nel
Decreto Sviluppo del 2012, articolo 21, (Modifiche al decreto
legislativo 3 aprile 2006 n. 152, in materia di promozione degli
investimenti offshore), comma 3 “Le attività di cui all’articolo 53 del
Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n.886, sono
svolte secondo le norme vigenti, le regole di buona tecnica di cui alla
norma UNI 11366″.
Questo
passaggio fa riferimento al D.P.R. del 24 maggio 1979, n. 886
“Integrazione ed adeguamento delle norme di polizia delle miniere e
delle cave, contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 9
aprile 1959, n. 128, al fine di regolare le attività di prospezione, di
ricerca e di coltivazione degli Idrocarburi nel mare territoriale e
nella piattaforma continentale”, dove leggiamo al Capo VII “Impiego di
Operatori Subacquei” Art. 53. Prescrizioni generali “Le prestazioni
lavorative in immersione per il posizionamento della piattaforma, per
l’ispezione e la manutenzione delle attrezzature sommerse o per lavori
assimilabili, devono essere effettuate solamente da personale esperto e
fisicamente idoneo, diretto da un responsabile di comprovata capacità,
nel rispetto delle norme specifiche in materia e delle regole della
buona tecnica….”; ma tutto ciò non fa della norma UNI una “legge” estesa
anche all’interno delle aree portuali o in ambito inshore.
Essa
rimane quindi sempre una norma di carattere volontario
nell’applicazione, mentre va sottolineato che il rapporto della norma
con il Decreto Sviluppo del 2012, è delimitato, cosi come la
legislazione attuale prevede, dal contesto di riferimento, e cioè
“Integrazione ed adeguamento delle norme di polizia delle miniere e
delle cave, al fine di regolare le attività di prospezione, di ricerca e
di coltivazione degli Idrocarburi nel mare territoriale e nella
piattaforma continentale”, attività che devono essere svolte secondo le
regole di buona tecnica di cui alla norma UNI 11366.
Eccezione
potrebbe diventare la Regione Sicilia, con il DDL 698 “Norme per il
riconoscimento della professione e disciplina dei contenuti formativi
per l’esercizio delle attività della subacquea industriale”, già
esaminato in V Commissione, Cultura, Formazione e Lavoro, nella seduta
n. 196 del 12.11.14 ed approvato con il parere favorevole del Governo
Regionale, con il quale si amplia il campo applicativo della norma UNI
11366 all’ambito delle acque marittime regionali e interne e delle acque
marittime non territoriali (offshore), quando alle attività di cui
sopra sono connessi interessi regionali o quando alle medesime sono
interessate persone e aziende nazionali, prescrivendo nell’articolo 6
comma 2 (che fa riferimento alla normativa UNI 11366), che “… per le
parti eventualmente operate presso le imprese di cui al comma 3
dell’articolo 2, alle prescrizioni e linee guida fissate dalla normativa
UNI 11366 …” allargando l’applicazione della suddetta norma ai cantieri
in ambito offshore, inshore e acque interne.
Questo
rapporto fra la legislazione Italiana e le norma UNI 11366 è molo più
chiaro nel disegno di Legge n. 2751 “Disciplina delle attività
lavorative subacquee e iperbariche” presentato alla camera dei deputati
il 26 novembre 2014, dall’On. Deborah Bergamini, eletta nella XI
circoscrizione (Emilia Romagna) e vicepresidente della IX Commissione
parlamentare (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) nonché Presidente
del Comitato permanente sulla politica estera e relazioni esterne
dell’UE, dove leggiamo testualmente nella parte che riguarda la
formazione dei commercial divers Italiani: “..in ambito offshore questa
formazione deve essere organizzata in coerenza con le tre tipologie
di standard presenti in ambito internazionale:
- gli standard formativi stabiliti dall’International Diving Schools Association (IDSA) che rappresenta l’unica associazione didattica nella subacquea industriale a livello internazionale, così come in ambito sportivo abbiamo diverse didattiche PADI, CMAS, SSI e altre. È interessante sottolineare che corsi formativi nazionali, come quelli provenienti dagli Stati Uniti d’America o dal Canada, fanno sempre riferimento alla didattica dell’IDSA che, a livello mondiale, ha elaborato delle regole per la formazione nel settore inshore e offshore in base a una più che quarantennale esperienza, desunta dalle scuole che aderiscono a tale Associazione a livello mondiale;
- gli standard operativi (dall’International Marine Contractors Association (IMCA), applicabili nel cantiere (in essi rientra anche la citata normativa UNI 11366 sulla sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria, procedure operative);
- gli Standard di sicurezza dell’Health and Safety Executive (HSE) quali, per esempio, le norme HSE del Regno Unito. Solo la corretta applicazione di questi standard può garantire una maggiore spendibilità della qualifica del sommozzatore italiano a livello internazionale, riportando la categoria al livello che le spetta per la storia e per le competenze che la caratterizzano”.
Concetto
che viene ribadito anche nell’Art. 5. (Registro dei sommozzatori):
comma 5 “Le operazioni di immersione abilitate ai sensi del comma 3
devono essere conformi agli standard internazionalmente riconosciuti
dell’International Diving Schools Association (IDSA) relativi ai tempi
di fondo e al numero e alla tipologia di immersioni e, per le parti
eventualmente operate presso le imprese, alle prescrizioni e alle linee
guida della normativa UNI 11366 recante «Norme per la sicurezza e la
tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche
professionali al servizio dell’industria». I controlli per il rispetto
degli obblighi e dei requisiti generali in materia di salute, di
sicurezza e di ambiente devono essere conformi agli standard stabiliti
dall’Health and Safety Executive (HSE) e alle linee guida emanate
dall’International Marine Contractors Association (IMCA). “
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