Tre Decreti Ministeriali, ben tredici proposte presentate al parlamento
nazionale durante varie legislature, dal 1997 ad oggi, con 2 proposte
legislative durante questo governo, una sentenza del TARdel Lazio,
diverse ordinanze da alcune Capitanerie di Porto, due delibere di giunta
regionale, la norma UNI 11366. Ecco tutto quello che abbiamo creato in
termini di legislazione nel settore della subacquea industriale in
Italia. Tutto troppo datato e troppo povero, in termini di qualità e
contenuti per permettere la soluzione di alcuni problemi che da anni
penalizzano i Divers italiani.
La ricerca, spesso, di facili riconoscimenti, quando principalmente è
la carta e non i contenuti a fare testo, specialmente se si possono
ottenere senza eccessivi sforzi, ha creato negli anni la fama negativa
dei titoli italiani, anche di quelli che nulla hanno da temere se
confrontati con le migliori certificazioni in ambito internazionale.
In tutto questo regna una grande grandissima confusione, anche fra gli
stessi adetti ai lavori, che spesso senza idee chiare corrono dietro
alla novità del momento, sperando di trovare il santo Graal della
subacquea.
Cosi abbiamo visto negli anni, corsi per OTS realizzati con standard
della subacquea sportiva ricreativa (ancora oggi nella maggioranza dei
percorsi formativi), oppure senza mandare gli allievi in acqua (una
scuola di Roma), o tentativi di imitare un “presunto” titolo da OTS con
attività in 2 week end o in pochi giorni, sotto la copertura di brevetti
e non di attestati di qualifica professionale, cercando di “ingannare”
sia i partecipanti ai corsi che le autorità; ma anche spesso iscrizioni
non in regola o in registri di “comodo” che permettono poi agli iscritti
di operare in modo non corretto, ma possibile per la mancanza di
controlli da parte delle autorità (registro palombari, per coloro che
poi si immergono con attrezzature sportive e non con attrezzature da
palombaro) hanno portato ad una situazione in cui chi paga il conto è
semplicemente l’intero gruppo dei Divers italiani.
Ma cose è l’OTS?
Secondo la legislazione vigente Italiana l’OTS è un “operaio
specializzato” che rientra nella categoria dei metalmeccanici
(qualifica ISTAT/ISFOL – categoria 6.2 Artigiani ed operai
metalmeccanici specializzati ed assimilati - DM 13/01/1979 – DM
31/03/1981 - DM 02/02/1982), iscritto al Registro Sommozzatori del
Ministero dei Trasporti presso una Capitaneria di Porto sul territorio
nazionale, per il rilascio del Libretto di Ricognizione. L’unico titolo
valido, per l’iscrizione a questo registro, è il titolo di “Operatore
Tecnico Subacqueo” (OTS - DM 02.02.1982), con il rilascio di un
attestato conseguito al termine di corsi di formazione professionale
effettuati secondo le modalità previste dall'art. 5 della legge 21
dicembre 1978, n. 845, e dalle relative leggi regionali di attuazione.
L’OTS è abilitato a operare in “servizio locale”, entro l'ambito del
porto presso il cui ufficio è iscritto e può esercitare
temporaneamente anche in altri porti, previa autocertificazione della
sua iscrizione in un registro sommozzatori presentata alle autorità
marittime del porto nel quale intende operare e tempestiva comunicazione
di tale intendimento all’autorità del porto d’iscrizione .
Al di fuori di queste aree e cioè nelle acque interne (fiumi, laghi,
pozzi, ecc.), in inshore o in offshore ad oggi non esiste una legge
nazionale o regionale che stabilisca competenze di qualità nei criteri
formativi (IDSA), operativi (IMCA) e di sicurezza (HSE).
E’ emblematico il documento che la Capitaneria di Porto di Livorno ha
emesso, in risposta ad un gruppo di OTS, regolarmente iscritti presso
diverse capitanerie di porto, che lamentavano di restare fuori dalla
possibilità di essere assunti per i lavori sommozzatorii della Costa
Concordia, mentre venivano assunti coloro che non erano iscritti presso
le capitanerie di porto dalla ditta appaltatrice. Ecco una
estrapolazione dalla risposta della Capitaneria di Porto di Livorno:
“(…)Al riguardo, si rappresenta, come d’altronde emerge dalla lettura
della nota in riferimento, che la normativa citata, cioè il decreto
ministeriale 13 gennaio 1979, si applica ai sommozzatori che esercitano
l’attività all’interno dei porti. Come è noto, il relitto della nave
Costa Concordia” giace, invece, al di fuori dell’ambito portuale
dell’Isola del Giglio, (…) ”
Diversi incidenti, spesso anche mortali, hanno indotto negli anni (a
partire dal 1992) diverse Capitanerie di Porto in Italia, ad emettere
ordinanze proprie, per estendere fuori dal porto, quindi a tutte le
acque di loro competenza, la validità dei DM nazionali, tentativo che
sottolinea la “sofferenza” per la mancata legislazione del settore, che
però ha creato in alcuni casi ancora più problemi, penalizzando le
piccole imprese operanti in quelle aree a vantaggio delle imprese che
operano a qualche chilometro di distanza, presso la capitaneria accanto,
dove non ci sono vincoli e procedure esplicite, come quelle contenute
in tali ordinanze.
Si è provato negli anni a presentare in parlamento ben 13 proposte, dal
1997 ad oggi, con ben 2 proposte presentate durante la legislatura
attuale, il Disegno di Legge n. 320 presentato il 26 Marzo 2013 al
Senato dal Senatore Aldo Di Biagio e il Disegno di Legge n. 807
presentato il 18 aprile 2013 alla Camera, dall’On. Mario Caruso, ma in
tal senso esprimo la mia perplessità sulla riuscita, tenendo conto dei
tempi ma anche dei contenuti, visto che riportano problemi non risolti
da disegni di legge presentati durante le legislature precedenti.
Inoltre le due proposte di legge presentano un vuoto tematico non
trattando in modo efficace la parte riguardante la formazione degli
operatori.
La normativa UNI 11366 del 2010, alla quale ha fatto riferimento il
presidente Monti nel Decreto Sviluppo del 2012 - articolo 21 –
(Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, in materia di
promozione degli investimenti offshore) - comma 3 "Le attività di cui
all’articolo 53 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
1979, n.886, sono svolte secondo le norme vigenti, le regole di buona
tecnica di cui alla norma UNI 11366". Questo passaggio fa riferimento al
D.P.R. (Decreto del Presidente della Repubblica) 24 maggio 1979, n. 886
"Integrazione ed adeguamento delle norme di polizia delle miniere e
delle cave, contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 9
aprile 1959, n. 128, al fine di regolare le attività di prospezione, di
ricerca e di coltivazione degli Idrocarburi nel mare territoriale e
nella piattaforma continentale” (GU n.114 del 26-4-1980 - Suppl.
Ordinario), dove leggiamo al Capo VII “Impiego di Operatori Subacquei”
Art. 53. Prescrizioni generali "Le prestazioni lavorative in immersione
per il posizionamento della piattaforma, per l'ispezione e la
manutenzione delle attrezzature sommerse o per lavori assimilabili,
devono essere effettuate solamente da personale esperto e fisicamente
idoneo, diretto da un responsabile di comprovata capacità, nel
rispetto delle norme specifiche in materia e delle regole della buona
tecnica...."; ma tutto ciò non fa della norma UNI una “legge”, come
spesso erroneamente si riporta sull’obbligatorietà dell’applicazione
della normativa all’interno delle aree portuali o in ambito inshore,
ecc; inoltre anche qui la parte dedicata alla formazione degli operatori
rimane al margine della normativa stessa.
Ci sono inoltre due delibere di giunta regionali, una nella Regione
Emilia Romania del 2007 (delibera di giunta prot. n. SSF/07/65016) con
l’inserimento della qualifica di OTS all’interno del sistema regionale
delle qualifiche, ma vincolato sempre ai tre Decreti Ministeriali
esistenti, cioè per “attività in area portuale e dintorni”, e una più
“coraggiosa” del 2011 nella Regione Sicilia (delibera di giunta n.350 –
Prof. 2011) nel documento “Direttive per la programmazione e
presentazione delle proposte formative a valere del Piano Regionale
dell’Offerta Formativa 2011 – Macro Settore “Agricoltura/pesca/attività
subacquee – OTS ed attività correlate” che riporta: “Per questo settore i
corsi di formazione professionale per O.T.S. (Operatori Tecnico
Subacquei) di livello Base di specializzazione si devono attenere alla
direttiva 2005/36/CE secondo gli standard dei programmi Validati da
I.D.S.A. (International Diving Schools Associaton) e H.S.E. (Health and
Safety Executive)”, con riferimento specifico ad una formazione
successiva a quella da OTS con l’applicazione di standard di qualità
validi a livello Internazionale (IDSA e HSE). Qui, per la prima volta,
si da importanza alla formazione come elemento non eludibile in questo
ambiente lavorativo, al di fuori dell’ambito portuale. Il diver deve
avere una formazione completa e di qualità, perché operando in ambito
offshore, entra in contatto con una squadra internazionale, dove qualità
e sicurezza sono assolutamente indispensabili, e deve avere un bagaglio
di conoscenze che gli permettano di lavorare in un team di colleghi
provenienti da tutto il mondo, che hanno avuto una formazione adeguata e
competente.
In tutto questo IMCA, che è una organizzazione di rilevanza mondiale, a
cui fanno riferimento diverse migliaia di imprese, che opera
esclusivamente in ambito offshore, recependo l’importanza di una
formazione di qualità, ha diviso il mondo in 2 grandi categorie, la
prima costituita da una lista, aggiornata periodicamente, di una Elite
di paesi (Australia, Brasile, Canada, Francia, India, Norvegia, Nuova
Zelanda, Olanda, Sud Africa, UK e USA) che hanno una legislazione
specifica nel settore che stabilisce standard e criteri di qualità nei
percorsi formativi, e la seconda categoria con tutti gli altri paesi che
non hanno una tale legislazione, paesi di cui attualmente fa parte
anche l’Italia (la qualifica di OTS, valida per attività in ambito
portuale, non è di alcun interesse per IMCA).
Questo problema pone le ditte Italiane in una posizione di inferiorità
nel confronto con altre ditte nella panorama mondiale, si riporta di
seguito quanto il responsabile di una rilevante ditta Italiana, che
opera in offshore, ci scrive ” … Al momento infatti, a causa della nota
carenza legislativa, non è sufficiente l’iscrizione in Capitaneria per
poter lavorare con le maggiori compagnie petrolifere(Shell/Total/BP).
Questo comporta a noi, che operiamo nel mercato mondiale, gravissime
difficoltà in quanto i Clienti rifiutano per questo motivo le nostre
offerte, siamo costretti ad affrontare enormi costi per una ulteriore
formazione del personale all'estero, oppure dobbiamo assumere personale
straniero.”
Il problema, tornando in Italia, si complica ancora di più visto che la
formazione è demandata alle singole regioni , e quindi difficilmente
una legge nazionale potrà avere quegli standard di qualità che vengono
richiesti in ambito internazionale. Ecco perché, in questo momento, la
Regione Sicilia, ai sensi degli articoli 14 e 17 dello Statuto ed in
conformità con i principi del vigente ordinamento comunitario sta
proponendo di riconoscere e disciplinare l’esercizio delle attività
professionali nella subacquea industriale con il DDL n. 698 “Norme per
il riconoscimento della professione e disciplina dei contenuti formativi
per l’esercizio delle attività della subacquea industriale” per quei
percorsi formativi che abilitano alle attività lavorative fuori dalle
aree portuali in ambito sia inshore che offshore, con la creazione di un
Registro degli Operatori della Subacquea industriale, istituito presso
il Dipartimento Regionale del Lavoro, ove potranno iscriversi i soggetti
interessati allo svolgimento delle attività disciplinate dal suddetto
decreto se in possesso di titoli rilasciati da istituti pubblici o enti
di formazione professionale nell'ambito della vigente disciplina,
facendo puntuale riferimento riguardo ai contenuti formativi di qualità e
specifiche attività formative con tempi di fondo e standard di
sicurezza ben precisi, nelle varie categorie di iscrizione (OTS, Top Up,
Alto fondale), in modo tale da permettere all'Italia di entrare a far
parte dei paesi “Elite” che vengono annoverati nei documenti IMCA, cioè i
paesi che hanno una legislazione specifica nel settore.
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