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lunedì 18 marzo 2013

Emanata l’ordinanza n. 10/2013 della Capitaneria di Porto di Trieste, che si può leggere integralmente sul sito della guardia costiera, oppure sul sito del CEDIFOP, al seguente link: http://www.cedifop.it/appunti/ord-TRIESTE_2013.htm

L’ordinanza, che cerca di fissare delle regole nel territorio di competenza della Capitaneria di Porto di Trieste, è molto simile alle ordinanze del 2006 della Capitaneria di Porto di Venezia n. 32/06 (http://www.cedifop.it/appunti/ord-ven.htm ), della Capitaneria di Porto di Chioggia n. 33/06 (http://www.cedifop.it/appunti/ord-chio.htm ) ed a quella dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Caorle n. 05/11 (http://www.cedifop.it/appunti/ord-caorle_2011.htm ), ma non è all’altezza delle ordinanze, più recenti, che cercano di affrontare il problema della sicurezza nelle immersioni, alla luce anche delle cause dei diversi incidenti degli ultimi anni, come quelle dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Anzio del 2010, ordinanza n. 25/10 (http://www.cedifop.it/appunti/ord-ANZIO.htm ) e quelle più recenti della Capitaneria di Porto di Palermo del 2011, n 50/2011 (http://www.cedifop.it/appunti/ord-palermo_2011.htm ) e quella Capitaneria di Porto di Milazzo del 2012, n 40/2012 (http://www.cedifop.it/appunti/ord-milazzo_2012.htm )

 


Se consideriamo anche l’ordinanza n.77 del 1992 della Capitaneria di Porto di Ravenna (prima del suo genere, e ad oggi ancora molto attuale), quella di Trieste è l’ottava ordinanza che riguarda questo tipo di attività che rientra nella subacquea industriale, di operatori che rientrano nell’ ambito dei metalmeccanici secondo le classificazioni ISTAT e ISFOL, per tipologia di attività e competenze, in Italia, ed è un segnale forte e chiaro delle difficoltà in cui si trovano le varie capitanerie sul territorio nazionale nel dover garantire sicurezza e controlli adeguati in un settore molto delicato, dove spesso si rischia (e a volte si perde) la vita, perché la legislazione in Italia ha un ritardo di più di 30 anni (l’ultimo decreto ministeriale risale al 2(2/1982).

Da notare inoltre che fra proposte di legge in questo settore e testi unificati, nelle varie legislature dal 1997 (presentazione del primo disegno di legge in parlamento) ad oggi, ce ne sono ben 10 che testimoniano una colpevole indifferenza e incapacità del legislatore a regolamentare un settore cosi delicato.

Ci chiediamo quante altre vite umane dovranno essere sacrificate ancora, prima che si decida di riportare l’Italia alla pari con gli altri paesi del mondo, che hanno da anni regole ben precise e legislazioni specifiche in questo settore.

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