SCUBA -
acronimo della frase in lingua inglese Self Contained Underwater Breathing
Apparatus, ovvero "apparato di respirazione subacqueo autonomo" sviluppato nel
1940 e da allora ampiamente utilizzato nella subacquea ricreativa e
amatoriale.
La
caratteristica particolare è la fornitura dell’aria dalla bombola che il
subacqueo porta sulle spalle, al contrario del subacqueo che opera in Surface,
cioè con fornitura di aria dalla superficie tramite un cavo
ombelicale.
Spesso, in
passato, lo SCUBA è stato utilizzato anche nella subacquea industriale spesso su
richiesta del cliente, tuttavia, dopo un certo numero di incidenti e vittime, le
limitazioni dello SCUBA rispetto al Surface sono apparse chiare.
Attualmente
l’utilizzo dello SCUBA nel diving industriale è molto limitato, solo
nell’Inland/Inshore diving e sempre utilizzando il collegamento alla superficie
tramite una cima/braga, inclusa la comunicazione. Mentre le immersione “in libera” appartengono
solo all’ambito della subacquea ricreativa e amatoriale.
IMCA, sin dal
luglio del 1994, nel documento dell’AODC 065 ha dichiarato: "SCUBA ha molte
limitazioni ed è fortemente raccomandato di NON essere utilizzato in tutte le
operazioni in offshore in ambito di installazioni petrolifere, metanifere,
costruzioni, ingegneria civile o di salvataggio.”. Questo concetto è stato
successivamente ribadito nell’aprile 1998, quando nel Codice Internazionale di
IMCA “IMCA International Code of Practice for Offshore Diving (IMCA D 014 - Rif.
2)” è stato riportato:
“L'auto-respiratore subacqueo (SCUBA) ha insiti diversi limiti e difficoltà,
come la fornitura di gas di respirazione limitata. Senza l’utilizzo del Surface
è improbabile che, in qualsiasi circostanza, l'uso dello SCUBA possa fornire una
soluzione alle immersioni in sicurezza, nei campi in cui trova applicazione il
presente codice”
Va inoltre
osservato che lo SCUBA è specificamente vietato per immersioni offshore da
alcuni regolamenti nazionali.
Membri IMCA
hanno a volte avuto richieste da potenziali clienti di utilizzare lo SCUBA
perché è visto come un modo più semplice di fare le cose, rispetto al Surface,
ma occorre tenere presente che ci sono un certo numero di limitazioni nell'uso
dello SCUBA:
Gas di
respirazione limitato: Il tempo che
un subacqueo può trascorrere sott'acqua è limitato dalla quantità di gas che il
subacqueo può portare con sé. Questo è un problema particolare se la subacqueo
sta lavorando sodo e respira a fatica. Per efficienza, un subacqueo commerciale
deve massimizzare il tempo in acqua. Con il SURFACE il tempo di permanenza in
acqua teoricamente è illimitato.
In molti luoghi
in cui si effettuano immersioni lavorative ci sono ostacoli sotto l'acqua, dove
il subacqueo può rimanere impigliato, in
questo caso la quantità limitata di aria dello SCUBA può presentare un serio
problema di sicurezza, inesistente nel caso del Surface, che permette una
fornitura virtualmente illimitata per la sopravvivenza, fino a quando
l'assistenza arriva o la situazione è risolta. Addirittura in questi casi
potrebbe aumentare la frequenza respiratoria (panico) portando ad un più veloce
consumo dell’aria limitando ulteriormente le risorse disponibili in SCUBA.
Un subacqueo
che usa il Surface ha anche una riserva di aria nella bombola sulle spalle. Se
la sua alimentazione di aria principale dalla superficie si guasta per qualsiasi
motivo, ha riserve sufficienti per tornare in tutta sicurezza in superficie o in
altro luogo di sicurezza. Mentre se l’immersione è in Scuba, come si è visto, le
soluzioni di riserva hanno un record di fallimento nei casi di
emergenza.
Mancanza di comunicazione con la
superficie: Divers che utilizzano il Surface tramite l’ombelicale
fruiscono di vari servizi tra la superficie e il subacqueo. Questo include la
comunicazione vocale tra il subacqueo e il supervisore e, talvolta anche di
immagini video. Il subacqueo in SCUBA è spesso sfornito di qualsiasi tipo di
comunicazione con la superficie.
I vantaggi di
avere la comunicazione vocale sono:
Il supervisore
delle immersioni parla con il subacqueo fornendo una guida e indicazioni fino
alla fine del lavoro;
Il supervisore
delle immersioni è in grado di monitorare il ritmo di respirazione del
subacqueo, fornendo immediata assistenza nel caso di subacqueo in
difficoltà;
Il subacqueo
può inoltre dire al supervisore se si sente bene o ha un
problema
Tali operazioni
spesso in SCUBA non sono possibili. Anche se viene usata una comunicazione senza
fili, essa a volte non è affidabile. Spesso questo sistema, ad azione diretta,
non permette al supervisore di monitorare i ritmi di respirazione del subacqueo.
Sicurezza dei
dispositivi respiratori: Un subacqueo
può indossare un certo numero di tipi di attrezzature di respirazione. Un tipo è
noto come "mezza maschera ed erogatore" con un’unica maschera che copre gli
occhi e il naso. L'uso di questo apparecchio richiede al subacqueo di tenere
l’erogatore di aria tra i denti. Ci sono stati molti incidenti con subacqueo
inconscio che perdendo l’erogatore ha inalato acqua, annegando.
Indossare
maschere del tipo “gran facciale” o caschi con l’erogatore integrato permette al
subacqueo di respirare normalmente attraverso il naso o la bocca, eliminando la
possibilità di inspirare acqua di mare, mentre è incosciente a causa di un
incidente o di un malore.
Decompressione: Un subacqueo
in libera deve normalmente regolarsi durante la sua immersione tenendo sotto
osservazione profondità e consumi d’aria. Questo è un compito in più per lui,
durante l'immersione, di controllare anche i tempi della sua decompressione.
Alcuni subacquei indossano 'computer' di decompressione, ma questi sono
programmati per utenti ricreativi e possono non essere affidabili per i più
pesanti tipi di lavoro normalmente svolti dai commercial
diver.
Al contrario,
un subacqueo che sta utilizzando il Surface ha la sua profondità monitorata in
modo costante dal supervisore che gli garantisce la corretta applicazione delle
procedure di decompressione.
Mobilità: Si dice
talvolta che i subacquei sono molto più “liberi” sotto l'acqua dei subacquei che
utilizzano il Surface. Anche se questo può essere vero per un subacqueo in
libera, senza ombelicale o altro legame con la superficie, i rischi (subacqueo
inconscio) non sono accettabili in mare aperto nelle immersioni lavorative.
Inoltre, nel caso di incidente, il recupero del subacqueo in libera potrebbe
essere seriamente compromesso dalle correnti marine. Ultimo esempio, l’incidente
mortale di Livorno del 24 febbraio 2012, dove il subacqueo era sceso in libera a
riparare una boa a -18
metri, ma è stato trascinato a – 50 metri dopo la perdita di
coscienza. Incidenti di questo tipo, per mancanza di addestramento adeguato,
capitano sempre più spesso a persone che provano a lavorare sott’acqua con
tecniche della subacquea sportiva-ricreativa, senza una formazione adeguata,
usciti da scuole che conferiscono loro titoli (OTS) utilizzando tecniche valide
nella subacquea sportiva ma non nella subacquea industriale, a volte senza
neanche mandare gli allievi in acqua.
Importantissimo
diventa a questo punto sottolineare che ENI spa, nella lettera HSE/SIC Prot. 16
del 21/05/2008, attualmente in vigore in Italia, dal titolo “Requisiti HSE per i
subappaltatori di lavori subacquei”, a pagina 9 scrive: “Gli autorespiratori
autonomi (ARA) presentano limiti e difficoltà intrinseci (le immersioni con
l’attrezzatura subacquea alimentata dalla superficie costituiscono il metodo più
sicuro da preferire per le operazioni subacquee). Le attrezzature ARA, pertanto,
non dovranno essere utilizzate nelle attività subacquee legate a costruzioni,
riparazioni e manutenzione.”
In ambito
offshore, in Italia dal 2010 la norma UNI 11366, indica una serie di buone norme
procedurali in perfetta sintonia con le
direttive IMCA ed ENI.
Alla mancanza
di formazione adeguata e inappropriata si possono sicuramente imputare anche
diversi incidenti mortali che hanno funestato questo settore, e sicuramente di
questo è convinto anche l’On. A. Di Biagio che, in un suo intervento alla Camera
dei Deputati, sull’ordine dei lavori del 28 Aprile 2011, sottolinea nel suo
discorso sull’assenza di una legge pertinente, riferendosi all’ultimo incidente
mortale nel settore, che “Mi assumo ogni responsabilità nell’affermare con
certezza e risolutezza che la promulgazione e conseguente applicazione di queste
disposizioni avrebbe potuto salvare la vita a questo giovane”. Da sottolineare
che dal 1977 ci sono stati ben 10 tentativi (8 proposte di legge e 2 testi
unificati nel 2005 e nel 2009) durante le varie legislature, di definire una
legge, ma fino ad oggi senza mai riuscirci.
Questo è il
motivo principale per cui negli ultimi anni, sempre più Capitanerie di Porto
cercano con Ordinanze, di carattere locale, di “gestire” questo problema, segno
di una sofferenza e preoccupazione per la vita degli operatori che lavorano
senza le necessarie competenze e attrezzature a discapito della
sicurezza.
SCUBA rimane,
comunque, la migliore alternativa per le immersioni ricreative in coppia, quando
l’obiettivo principale è il relax e il divertimento, e non l’attività lavorativa
del metalmeccanico in immersione, quale è la funzione del commercial diver, sia
in Italia – la qualifica “sommozzatore” secondo ISTAT nella nomenclatura e
classificazione delle Unità Professionali, rientra tra i metalmeccanici perché
si trova nella categoria “Artigiani, operai specializzati e agricoltori -
sottocategoria - Artigiani ed operai metalmeccanici specializzati ed
assimilati”, sotto la voce “Sommozzatori e lavoratori subacquei” (non esiste
sommozzatore sportivo, come erroneamente diversi asseriscono, creando
volutamente più confusione, ma il “subacqueo sportivo”) in pieno raccordo con la
versione europea della Classificazione Internazionale delle professioni
(ISCO-88Com) dove troviamo il sommozzatore sempre nella categoria dei
metalmeccanici “Metal, machinery and related trades workers - Metal moulders,
welders, sheet-metal workers, structural-metal preparers” sotto la voce di
“Underwater workers”.
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