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mercoledì 20 luglio 2011

QUELLO CHE TUTTI GLI UTENTI DI REBREATHER
DOVREBBERO SAPERE PER NON MORIRE

Riporto un articolo apparso sulla Rivista MARE n°22 a firma del Dott. Luca Lucarini, meglio conosciuto al pubblico subacqueo come Dr Deep. 

Mi preme evidenziare che in questo articolo viene correttamente affrontato un tema di forte interesse da parte di un medico che ha personalmente approfondito le tecniche dell'immersione tecnica anche con l'impiego di rebreather. Troppe morti stupide, troppi incidenti senza spiegazione, troppi finti professionisti, troppi millantatori compiacenti venduti che diffondono informazioni scorrette divenendo causa essi stessi di comportamenti pericolosi che producono morte. Io personalmente sono stufo di sentire pagliacci che pontificano sui rebreathers senza peraltro sapere di cosa parlano e meno che meno averne utilizzato qualcuno oltre i 3 metri della piscina.

QUELLO CHE TUTTI GLI UTENTI DI REBREATHER DOVREBBERO SAPERE PER NON MORIRE - Dott.Deep
Morire qui non è da me, morire va bene ma non per te! (Renato Zero).È la canzone che preferisco cantare nei corrugati quando mi immergo con quell'essere immondo del mio rebreather. Le mie immersioni si svolgono prevalentemente in solitario e quindi anche se la mia voce poco intonata viene ancor più deformata dall'elio nessuno tra gli abitanti dei fondali marini sembra aversene a male. La percezione del rischio viene vissuta dai meno esperti con l'equazione probabilità per esito per fattore di indignazione. I rebreather non fanno eccezione e conseguentemente vengono considerati alla stessa stregua dello squalo bianco che notoriamente fa meno vittime delle api.

Rebreather e aspirapolvere



Ciò non toglie che specie negli ultimi periodi c'è stato un netto aumento delle morti da parte di coloro che utilizzavano i rebreather e secondo talune statistiche, direi un po' manipolate, l'eCCR (rebreather a circuito chiuso elettronico) sarebbe 900 volte più pericoloso del circuito aperto (ARA). Inoltre bisogna sottolineare che ci troviamo di fronte ad un periodo critico dove si sta cercando di aprire le porte per un utilizzo del rebreather a livello di subacquea ricreativa.
Insomma, siamo forse in procinto di vedere innescata una miscela esplosiva.
Il rebreather è un LSS ovvero un Life Support System.
Un rebreather ben concepito e ben realizzato fornisce all'utilizzatore tutte le risorse necessarie a sopravvivere.
La preparazione tecnica permette di riconoscere, intercettare e risolvere i problemi che possono insorgere in un rebreather.
Il bail-out costituisce un'ulteriore sicurezza. In teoria siamo di fronte ad un sistema blindato a prova di errore.
A questo punto è necessario analizzare i punti chiave che secondo il mio parere risultano essere le criticità del sistema Uomo/Rebreather.
Tralasciando il discorso attitudine, ovvero le reali capacità psico-motorie dell'individuo che dovrebbe utilizzare il rebreather, vorrei sottolineare le scarse conoscenze che molti rebreatheristi (tra cui diversi istruttori) hanno sul funzionamento dei rebreather e sui fenomeni fisiologici che sono coinvolti nel loro utilizzo.
Richard Pyle sostiene che nel percorso formativo di un subacqueo che utilizza il rebreather esiste un periodo che egli definisce "Window of Death", che si può inquadrare intorno alle 40 ore di utilizzo di tali apparecchiature, dove il rischio d'incorrere in problemi con esito fatale risulta essere statisticamente più elevato.
In tale lasso temporale si verifica quella che in gergo viene definita overconfidence ovvero la presunzione che ormai si abbiano le conoscenze sufficienti per gestire al meglio l'utilizzo del rebreather. Evidentemente non è così.
In relazione a questo si dovrebbe pretendere che le agenzie didattiche in accordo con le aziende costruttrici prolunghino la durata dei corsi formativi fino ad un numero di ore spese in acqua che si avvicini al periodo della "Window of Death". Commercialmente ciò sarebbe ovviamente disastroso!
Un altro aspetto interessante anche da un punto di vista sociologico è costituito dalle motivazioni per cui un sub ha la necessita di dover ricorrere all'uso del rebreather.
Escludendo una ristretta cerchia di speleosub, profondisti ed esploratori, la maggior parte di coloro che usano il rebreather in realtà non ne avrebbe assolutamente bisogno.
Vedere durante i week end dei sub che si immergono con dei reb a 40 - 60 m con profili ridicoli dove un bibo da 10 + 10 sarebbe quasi sprecato, è già di per se fonte di perplessità, che diventa ilarità quando tali subacquei si giustificano sostenendo che con il reb in quel tipo di immersioni si accorcia la deco anche di 30 minuti. Al contempo c'è però da rilevare che molte di queste stesse persone durante la settimana sono recluse in uffici o fabbriche del cavolo per intere giornate e quando escono vengono catapultate dentro le loro lattine con le ruote in un traffico alienante sopportando il tutto senza fiatare ma, nel momento in cui dovrebbero divertirsi di più, ovvero sott'acqua, vogliono fare di tutto per uscirne prima.
L'altra cosa che non riesco a concepire è il fatto che questa tipologia di persone ha la tendenza ad avvicinarsi e a comprare tutto ciò che può essere assimilato ad attrezzature in stile militare nel tentativo di assomigliare quanto più possibile ad un incursore della Marina Militare.
Quanto più è nero e pericoloso tanto più attira questi sub. Inoltre, come per il fenomeno DIR, i rebreatheristi hanno la tendenza a riunirsi, a disdegnare chi non la pensa allo stesso modo, a formare forum su internet, insomma a fare "setta". L'obnubilamento della capacità di giudizio è tipico di colui che entra a far parte di queste sette e comincia a sentenziare su internet e a farsi sostenitore dei prodotti che utilizza la sua setta con l'intima convinzione della giustezza delle sue asserzioni.
Basti pensare al successo commerciale dei braccialetti che dovrebbero servire a migliorare l'equilibrio. Molti dei test effettuati con questi braccialetti ottengono dei risultati (falsi) positivi, grazie ad un meccanismo psicologico che coinvolge tramite suggestione più l'inconsapevole tester di quanto non influenzi il soggetto testato.
Alcuni modelli di reb, gav, pinne, mute ed erogatori hanno lo stesso effetto sulle labili menti di alcuni adepti delle sette. Spesso la differenza tra la vita e la morte non dipende dalla concezione del rebreather ma dall'attitudine del subacqueo. Come per il circuito aperto la maggior parte delle morti risultano essere secondarie a palesi errori dell'utilizzatore. È altrettanto vero che un LSS ideale dovrebbe essere "stupid proof"!
A chi non è mai capitato di scendere in acqua dimenticandosi della zavorra o del computer? La domanda che ogni rebreatherista dovrebbe farsi prima di ogni immersione è la seguente: in tutta onestà sono oggi preparato a porre in gioco la mia vita puntando sulle mie conoscenze e abilità? La cosa sconvolgente è che talvolta a morire sono quelli che vengono considerati i più bravi, quelli che erano di esempio agli altri, quelli da cui si poteva solo imparare; allora c'è qualcosa che non quadra, che non ci dicono o semplicemente lo stato dell'arte rebreather non è maturato a sufficienza.
In questa sede il mio obiettivo non è certamente quello di criticare le filosofie dei loop dei diversi reb in commercio, oppure analizzare come ovviare ad eventuali problemi che il reb può presentare sott'acqua: ci sono bravi istruttori (molto pochi!) e buoni manuali per consigliare come e quale rebreather è meglio utilizzare. Vorrei invece tentare di evidenziare quei lati oscuri che lasciano senza parole i medici legali e i periti che devono dare risposta alle famiglie in attesa di capire perchè i loro cari sono deceduti anche se il rebreather non ha dato segni di malfunzionamento.
Personalmente ritengo che ci siano già i presupposti e le conoscenze sufficienti per capire il perchè di molte morti "immeritate" da o con il rebreather.
Purtroppo queste conoscenze sono per lo più nascoste nei meandri di PubMed ovvero tra una moltitudine di pubblicazioni mediche mondiali e che solo sporadicamente trattano di medicina iperbarica ma più frequentemente di altre branche della medicina da dove però si possono estrapolare delle conoscenze fisiologiche adattabili all'uso del rebreather.
Partendo da un'attenta analisi di pubblicazioni che magari trattavano di broncopneumopatie ostruttive oppure dove i soggetti studiati erano semplicemente topi o capre e con l'aiuto non trascurabile della mia ormai lunga esperienza subacquea ho formulato delle ipotesi che tentano di trovare una spiegazione al perchè si muore con il reb.
La CO2: il suo ruolo qual è? Non l'avevo considerato! È assolutamente sbagliato assimilare la CO2 come una sostanza venefica al pari dell'arsenico nell'acqua per cui sarebbe opportuno che non ve ne fosse traccia nel nostro organismo; in pratica non è vero che più ne riusciamo ad eliminare e più ci sentiamo in salute. Ci sono tutta una serie di teorie dove si sostiene che una giusta quantità di anidride carbonica svolga un ruolo chiave per il corretto metabolismo cellulare. Basti pensare a tutti i concetti del metodo Buteyko che ormai sta facendo dei proseliti in tutto il mondo anche in chiave sportiva oltre che di wellness.
Ci sono ricerche scientifiche che dimostrano che l'ossigenoterapia normobarica per alcune patologie polmonari risulta più efficace se nella miscela respiratoria insieme all'ossigeno si aggiunge una piccola quantità di CO2. Tornando a cose subacquee è interessante ricordare che il sesso della Bonellia viridis (quello strano animale marino nascosto fra i sassi del fondo) è determinato dalla maggiore o minore presenza di CO2. Chi s'interessa di rebreather e di full face mask si sarà di sicuro imbattuto per errore in siti dove compaiono procaci ragazze che indossano mute in LaTex e appunto maschere gran facciali.
Per i meno pervertiti è quindi necessario spiegare che tra i disturbi psicosessuali esiste l'asfissia autoerotica!
Spesso dopo immersioni in condizioni non ottimali e dopo aver trasportato pesi allucinanti su mezzi ondeggianti, si ha comunque l'impressione di aver fatto una bella esperienza. Vi siete mai chiesti il perchè? Durante l'attività sportiva intensa, il sangue, anche dopo aver effettuato un passaggio attraverso i polmoni, resta ancora in parte carico di CO2 e relativamente povero di O2. Tale aumento ematico di anidride carbonica viene captato dai chemocettori a livello ipotalamico-ipofisario e induce nell'ipofisi un aumento della sintesi di beta-endorfine e di ACTH.
Sarebbe bello capire dove finisce l'intossicazione da CO2 e inizia la narcosi da azoto: personalmente ho potuto constatare che i sintomi sono spesso sovrapponibili. Come sostiene Tom Mount sarebbe opportuno avvicinarsi alla conoscenza degli 8 metodi di respirazione Tai-Chi-Chuan ed in particolare della "respirazione purificante", dove l'espirazione dura molto più dell'inspirazione! Nel 1878 P.Bert dimostrò l'autointossicazione di animali da parte della loro CO2 in ambienti iperossigenati.


È importante ricordare l'effetto Haldane; a livello dei tessuti:produciamo normalmente 40 ml/l di CO2 che è circa 1/10 della CO2 presente nel sangue (in massima parte come HCO3-) -l'emoglobina (Hb) deossigenata lega meglio la CO2 formando composti carboammino-emoglobinici (effetto Haldane)
-l'effetto Haldane è responsabile di circa la metà della CO2 che viene scambiata a livello dei tessuti e trasportata nel sangue.
In pratica l'affinità della CO2 per l'emoglobina dipende dallo stato di ossigenazione della stessa e quindi a livello tissutale: l'Hb deossigenata lega meglio la CO2 (alta affinità) formando composti carboammino-emoglobinici (HbCO2), a livello alveolare la formazione di HbO2 riduce l'affinità della CO2 e H+ per l'Hb (bassa affinità) così la CO2 che si libera viene scambiata con l'alveolo ed espulsa.
Ora deve risultare chiaro che, quando siamo in superficie, la presenza della giusta piccola quantità di CO2 nei vari distretti del nostro organismo, è perfettamente fisiologica, ma durante l'immersione la possibilità che questa piccola percentuale vari e diventi mortale è palese.
Ipotesi di CO2 hit da rebreather
Immaginiamo ora il classico subacqueo che si mette sulle spalle il rebreather e si accinge a fare un'immersione che può discostarsi per certi versi da quella in circuito aperto (CA) dove al variare della profondità inevitabilmente corrisponderà un aumento o una diminuzione della pPO2. Con il CCR ciò non accade e la pPO2 rimane stabile e quanto più alta si riesce a mantenere tanto meno decompressione ci indicheranno i software decompressivi.
Bubble check effettuato il nostro sub scende: - Discesa con set point (S.P.) 0.7: talvolta i sub hanno difficoltà a mantenere il S.P. in relazione alla percentuale di ossigeno del diluente - Il ritmo respiratorio scende in relazione all'iperossia (Lambertsen) ed all'insensato background del circuito aperto.
Ancora nei diving ci si vanta di uscire dall'acqua con più aria degli altri!
- L'ossigeno determina un decremento della frequenza e della gittata cardiaca.
- Durante la discesa lo scrubber viene raffreddato dall'immissione di elio (poco rilevante).
- L'iperossia comporta una vasocostrizione periferica specie al livello del SNC.
- Aumentando il S.P. ci avviciniamo a quella condizione dove l'ossigeno fisicamente disciolto diventa sufficiente a mantenere le funzioni vitali. In questa condizione non c'è deossigenazione dell'emoglobina e quindi nei tessuti c'è minor rimozione di CO2 da parte dell'emoglobina proprio quando sul fondo il sub diventa operativo e il suo metabolismo si impenna!
- Il sub arrivato sul fondo imposta il SP a 1.3. Recenti studi (Leite MS 2010) hanno evidenziato che già a 1.4 si possono avere alterazioni strutturali del glomo carotideo (edema intracellulare e perossidazione dei lipidi) con conseguente deviazione del flusso ematico intraglomico. Risultato, minor ventilazione e CO2 che non viene rimossa!
L'ipoventilazione (culturale ed indotta) crea una CO2 retention (non certo ipossia con PO2 di 1.3) che va a colmare il buffer del sistema tampone dell'anidrasi carbonica creando acidosi. Il subacqueo ancora non si accorge di nulla in quanto è stato dimostrato che un sub può tollerare percentuali di CO2 del 2% per 15 minuti senza avvedersene; ma la coperta è ormai diventata irrimediabilmente corta!
A questo punto il nostro sub sta faticando sul fondo e "lavorando duro" ci sarà contemporaneamente anche un aumento del WOB. Ciò che risulta paradossale, è che si è visto che se il WOB si mantiene basso anche un contenuto di CO2 del 4% del gas ventilato non affligge di molto le performance individuali. Per contro anche con percentuali di CO2 inferiori c'è un forte impatto negativo in caso di incremento delle resistenze respiratorie.
Le performance cognitive del subacqueo sono il punto critico. La catastrofe è direttamente dipendente dalla CO2.
Ci sono esperimenti che sono stati effettuati con CCR, dove si evince il ruolo chiave della CO2 nel potenziamento logaritmico della narcosi da profondità. Normalmente, ad aumentati livelli di CO2 c'è una risposta con l'aumento del ritmo respiratorio. Alcuni individui non rispondono adeguatamente e vengono definiti "CO2 retainers".
Esposizioni croniche alla CO2 rendono alcune persone tolleranti alla CO2 e si verifica una sorta di acclimatazione. I centri respiratori una volta diventati progressivamente tolleranti agli alti livelli di CO2 saranno stimolati dalla sola ipossiemia che non si avrà mai in considerazione del set point a 1.3 o più. Nei casi di pazienti COPD (chronic obstructive pulmonary disease) si rileva una sindrome da narcosi di CO2!
Questa Sindrome viene considerata potenzialmente letale anche per queste persone che trascorrono gran parte della loro giornata a letto attaccate al tubo dell'ossigeno! La fisiologia umana si trova spiazzata da un evento che filogeneticamente ed ontogeneticamente risulta ossimorico.
Infatti l'organismo è in grado di sopportare bassi livelli di ossigeno se c'è contemporaneamente un elevato livello di CO2: senza elevata CO2 (0.07) sul Monte Everest una persona va in black out in 10-50 secondi
Un black out ipossico in apnea si verifica solamente a 0.03 /0.05 bar di PPO grazie all'elevata CO2! Chi sono questi subacquei retainers?
In modo ovvio si va ad individuarli negli Hard Hat (Navy Experimental Diving Unit), negli apneisti, nei sommergibilisti che fanno esercitazioni per il submarine escape e nei subacquei esperti (pausa respiratoria).
Tutti i sopra citati hanno la tendenza a ritenere CO2 rispetto alla media, anche se non esiste una linea di demarcazione ben precisa.
Comunque la "sleep apnea" risulta di gran lunga la causa più comune di acclimatazione alla CO2! Ricercatori della Israel Naval Medical Institute hanno dimostrato che attraverso un adeguato allenamento si riesce a migliorare la capacità dei subacquei e a riconoscere situazioni di ipercapnia e concludono così:
We conclude that CO2 recognition training improves the diver's capability to detect CO2. We suggest that a diver who is both a poor CO2 detector and a CO2 retainer will be prone to CNS-oxygen toxicity
Thalmann (USN) sostiene che le sensazioni di "fame d'aria", pur se allenate, in realtà sono inaffidabili, ed il primo segno di ipercapnia potrebbe essere la perdita di coscienza.
Conferma inoltre che la fame d'aria può essere dovuta sia a livelli di ossigeno bassi che ad alti livelli di CO2. In immersione ed in particolare con il rebreather, il livello di ossigeno è sempre alto, eliminando la più potente causa ipossica, lasciando solo la CO2 come possibile stimolo. La CO2 ha effetti narcotici e deprime la capacità di giudizio, al punto che diminuisce anche la sensazione di difficoltà respiratoria provocata dalla dispnea.

In queste condizioni il subacqueo potrebbe continuare ad operare fintanto che la perdita di coscienza è il primo sintomo a comparire. Eravamo rimasti al momento in cui il subacqueo con rebreather aveva iniziato a lavorare duro sul fondo.
Se il sub non è un CO2 retainer inizierà a adattare il suo ritmo respiratorio all'ipercapnia seppur con ritardo e in modo mitigato dai fenomeni prima descritti. Ora però il lavoro si fa ancora più duro e si supera la soglia aerobica iniziando così a produrre acido lattico (acidosi metabolica), ma gli alti livelli di O2 inficiano una corretta risposta dei chemocettori.
A questo punto all'iniziale vasocostrizione ci sarà un effetto rimbalzo provocato dall'enorme quantità di CO2 che si è accumulata a livello tissutale e che d'improvviso viene "vomitata" nel torrente circolatorio.
Si aggiunga che sul fondo avremo anche la massima densità della nostra miscela respiratoria con innalzamento del WOB(Bookspan).
In passato in neuropsichiatria, in alternativa all'elettroshock, si utilizzava l'esposizione ad elevate concentrazioni di CO2 che portavano il paziente a convulsivare in tempi che andavano da 1 a 3 minuti.
Con percentuali di CO2 del 20% può essere sufficiente un solo atto respiratorio per rendere un individuo mentalmente incapace.
Sperimentalmente si è visto che dopo prolungate esposizioni ad elevatissime concentrazioni di CO2 il passaggio repentino (bailout) alla respirazione di miscele non più ipercapniche porta alla fibrillazione ventricolare e alla morte. Presumibilmente tali aritmie sono conseguenza dell'impossibilità di tornare alla normale eccitabilità cardiaca a causa della incapacità di ripristino dello scambio ionico, indotta dalla prolungata ipercapnia (Lambertsen) Abbiamo visto quindi, che in condizioni iperbariche, l'Hb ritorna al sistema venoso ancora satura di O2. Ciò porta ad una riduzione di drenaggio della CO2 da parte dell'Hb (emoglobina). Nel cervello, quando l'Hb del sangue venoso di ritorno è satura con l'O2, la Pp della CO2, nello stesso sangue venoso è aumentata di circa 7.5 mBars (Oriani).
Naturalmente questa CO2 che si accumula nel SNC (sistema nervoso centrale)produce un abbassamento del pH intra ed extracellulare.
Da recenti ricerche (Takmakov - Alexandrov - Palazzo) sembra che un ruolo rilevante sia dovuto all'aumento di H+ (Hidrogenioni: ione idrogeno) nel contesto del SNC. Infatti gli H+ non passando attraverso la barriera ematoencefalica in associazione alle potenziali implicazioni vasomotorie indotte dalla CO2 possono trovare giustificazione nella RRHS (Reversed Robin Hood Syndrome).


Oxygen Pete Tornando al sub che è ormai sopravvissuto alla CO2 HIT dobbiamo rilevare che nel suo organismo ormai abbiamo una situazione dove oltre ad un livello alto di O2 si è raggiunto anche un alto livello di CO2.
La vasodilatazione periferica specie a livello del SNC apre le porte all'iperossia e quindi, come ormai professano da anni i ricercatori israeliani, la tossicità al SNC è funzione della CO2. Durante la seconda guerra mondiale molti subacquei che utilizzavano l'ARO hanno sperimentato sulla propria pelle le conseguenze dell'iperossia tanto da idealizzare un ipotetico mostro mitologico.

Precedentemente ho ricordato l'effetto Haldane , quindi ora non posso esimermi di fare altrettanto con l'effetto Bohr.
Le variazioni di affinità dell'Hb per l'O2 sono determinate da variazioni di pCO2 e di pH e sono alla base dell'effetto Bohr che ha conseguenze sia sull'assunzione di O2 a livello polmonare, che sulla sua cessione a livello tissutale.
- A livello polmonare, l'assunzione di O2 è favorita dalla contemporanea eliminazione di CO2
- A livello tissutale, la cessione di O2 è favorita dalla contemporanea assunzione di CO2
La tossicità dell'ossigeno si estrinseca attraverso la produzione di radicali liberi, sebbene l'esatto meccanismo non sia stato ancora ben capito.
Studi effettuati su centinaia di subacquei dimostrano che è spesso impossibile identificarei segni dell'instaurarsi dell'avvelenamento da O2 del SNC.
E anche quando le convulsioni sono precedute da un'aura, di solito l'attacco convulsivo avviene in tempi immediatamente successivi, tali da non permettere al sub di prendere provvedimenti.
L'input visivo è estremamente importante. Al buio i tempi di convulsione sono più corti nei topi (Bittermann).
Input sonori aumentano la latenza del FED (First Electrical Discharge). Utilizzando miscele respiratorie gli attacchi convulsivi avvengono a PPO2 minori rispetto alla respirazione di solo O2. Lamphier sostiene che dipenda da un aumentato WOB che fa aumentare la CO2 che potenzia la tossicità grazie ad un maggior flusso ematico cerebrale.
La Swedish Defence Research Agency (2007) durante esperimenti condotti su gruppi di capre per sperimentare submarine escape da 240 mt. ha evidenziato il ruolo determinante della CO2 nello scatenare attacchi convulsivi.
Le ricerche di Natoli e Vann testimoniano che gli individui più proni alla tossicità al SNC sono coloro che hanno una minore risposta ventilatoria allo stimolo della CO2 confermando i precedenti studi di Lamphier. Hanno inoltre evidenziato che l'immersione della faccia provoca un aumento del volume sanguigno cerebrovascolare.
In pratica va evitato come la peste ciò che consigliava Bret Gilliam in base alle osservazioni di Hickey sul "riflesso mammale". Va sicuramente bene per i mammiferi marini e per gli apneisti ma di certo non per i rebreatheristi! Gilliam,Watson e Exley immergevano la loro testa senza maschera e senza cappuccio per 5 minuti al fine di stimolare il diving reflex: pulsazioni ridotte (12-15/min), ritmo respiratorio rallentato (2 atti/min.), minori consumi di gas e migliore coordinazione in profondità. In Deep Diving, Gilliam, entusiasta di quanto sopra scritto, conclude però che il fenomeno andrebbe meglio analizzato dalle autorità scientifiche!
Se questo auspicio si fosse realizzato forse oggi conteremo qualche vittima in meno!
Non va dimenticato il ruolo delle "heat shock proteins" (HSP) che sembra svolgano un ruolo importante in quello che appare essere una sorta di mitridatismo all'iperossia un tempo inopinato. (Arieli)
Le attuali ricerche confermano che esiste una heat acclimatation memory, ovvero un individuo già precedentemente esposto necessita solamente di 2 gg.per "riattivare" le HSP contro 30 gg. di un novizio (Tetievsy) - Royal Navy (K. Donaldson)


Vi è una grande variazione individuale nella sensibilità e nel tempo di insorgenza di sintomi. Questa è quella che viene definita come "tolleranza all'ossigeno".
Rispetto alle esposizioni a secco, durante l'immersione diminuisce molto la tolleranza all'ossigeno, diminuendo i tempi di esposizione fino a un fattore di quattro o cinque.
I medici iperbarici sostengono che in decenni di professione hanno visto pochi soggetti andare in convulsione all'interno delle loro camere alimentando così la convinzione che 1.6 sia un limite estremamente conservativo!
L'esercizio riduce molto la tolleranza all'ossigeno.


Immersioni in acque molto fredde (<49 ° F / 9 ° C) o molto calde (> 88 ° F / 31 ° C) sembrano diminuire la tolleranza all'ossigeno.
Una ricerca condotta presso la Navy Experimental Diving Unit (NEDU) nel 1986 ha specificamente esaminato come esposizioni di breve durata a pressioni parziali di ossigeno di 2.0 ATA o maggiori avrebbero un impatto sul tempo complessivo di tolleranza all'esposizione a 6 metri riducendolo in modo sostanziale.
Questo giustifica casi come quello accaduto ad un tekky sul Lusitania che ha avuto convulsioni a 6 metri a fine immersione (Thalmann) Da anni una serie di ricercatori si sono avvicendati a testimoniare l'importanza degli air breaks durante la somministrazione di ossigeno iperbarico. ( Clark - Lambertsen- Hampson - Atik -Davis - Zwart-Harabin ).
Di recente (Clark) ha evidenziato l'importanza di estendere i 5 min di ipoxy breaks a 10 min. In ultima analisi ciò che distingue il CA dal rebreather (eCCR) è appunto la dinamicità di quest'ultimo di mantenere una costante (spesso troppo alta) PPO2.
Tralasciando tutta una lunga serie di considerazioni elettriche ed elettroniche riguardo i sensori di ossigeno, oggetti da 2 lire nati per altre applicazioni e che sono in definitiva la vera anima di macchine che costano diverse migliaia di euro, si può facilmente intuire che ci possono essere diverse fasi dove si va oltre il SP.
Al contrario del CA, dove nei vari cambi gas, ci sono enormi fluttuazioni della PPO2 verso il basso, in un buon eCCR non si verificano se non verso l'alto.
In caso di momentanei superamenti dei limiti fisiologici della tossicità il CA permette ai sistemi biochimici del nostro organismo di tamponare. L'eCCR non ci regala nessuna opportunità se non adeguatamente istruito (ingannato!).
È interessante ricordare all'ormai esausto lettore che esistono una lunga serie di fenomeni ancora controversi e scarsamente studiati come l'Off Oxygen Effect (OOE).
Questo è quanto si può leggere anche semplicemente gironzolando su internet: The "off oxygen effect" is a hazard encountered by technical divers performing deep dives and travel gases. The off oxygen effect happens when a diver breathing a high oxygen mix (usually travel gas) reaches the MOD for that mix, switches to bottom mix and keeps descending at a fast rate. This means that the high oxygen mix did not have enough time to be flushed away by the bottom mix and thus the body is still exposed to it. In turn, partial pressures of oxygen are elevated beyond maximum limits and a CNS hit may occur.


Secondo altri si verifica anche dopo cessazione improvvisa della respirazione di miscele con alte PPO2 a miscele con PPO2 molto più basse come ad esempio un bailout o semplicemente il raggiungimento della superficie dai 6mt.(punto 2 del "Quadruple Whammy" di R. Pyle). Per quale motivo spingo sul SP dell'ossigeno? Per accelerare la DECO e uscire prima dall'acqua! Se proprio voglio accelerare è preferibile una preossigenazione a 6 mt mentre faccio il bubble check e mi controllo scetticamente la linearità di risposta delle sonde.
10 minuti prima in talune circostanze mi valgono 30 dopo.
Quanto sopra a dimostrazione di innumerevoli e ancora poco studiati meccanismi fisiologici e biochimici con cui l'organismo umano non ha potuto confrontarsi e subire un'adeguata selezione evolutiva in quanto solo da pochissimo si è dovuto relazionare con ambienti iperbarici: l'Homo aquaticus è ancora lontano e il sub attuale non si illuda nell'idealizzare il rebreather che ha sulle spalle al pari del tappeto volante di Aladino!
La conclusione è che il modello di rebreather è importante come lo sono i sistemi di bailout, tutti i what-if e le attitudini del subacqueo; ma, sfortunatamente, non contano nulla una volta che lo stesso perde coscienza là sotto!
P.S. Ciò che ho scritto ha la pretesa di essere motivo di stimolo per le autorità scientifiche che dovrebbero comunicare ai sub le loro conoscenze affinchè si riesca a stilare anche per i rebreather un Blueprint for Suvival di Exleyana memoria.

(N.d.r.) chi tiene alla sua vita certamente prenderà in seria considerazione ciò che il "dottor Deep" ha voluto comunicarci. È fuori discussione che il SP (set point) di 1,3 della pPO2 comunemente usato dai subacquei sportivi per abbreviare la decompressione è un'abitudine insana che comporta enormi rischi. Sarebbe dunque consigliabile seguire la indicazioni dei militari che utilizzano una pPO2 di 0,7 - 0,9 allungando la decompressione. In sostanza l'errore in cui incorrono maggiormente gli utilizzatori di rebreather è quello di pensare al reb come a un metodo per accorciare la decompressione (rif.to Marcello Toja - Direttore Rivista MARE).

9 commenti:

  1. Interessantissimo articolo! In netto contrasto con le idiozie che si sentono in giro da parte di "illustri medici" che parlano di vantaggio dei rebreathers sul circuito aperto per evitare di fare "l'idromassaggio ai pesciolini"....

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  2. Il Dott. Lucarini parla con cognizione di causa. Competenze di medico e competenze di subacqueo che conosce bene l'argomento.

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  3. Luca Lucarini è un personaggio assai competente che si immerge da tantissimi anni in condizioni abbastanza estreme. Era nel team di S.D.C. La motivazione che mi ha spinto a riportare l'articolo sul blog è molto semplice: far sentire ai lettori anche la campana di chi non vuole venderti ne un corso ne un rebreather!

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  4. Interessante articolo, che però purtroppo non ho letto sino in fondo (mi riprometto di leggere la parte che mi manca non appena avrò tempo, perdonatemi).
    Tuttavia si evince abbastanza chiaramente un atteggiamento un pò troppo "talebanistico" (senza alcuna offesa, intendiamoci!), sembra quasi che il Dott. Lucarini abbia visto il diavolo (anche se afferma di immergersi con un reb da tempo). Non c'è dubbio che queste macchine e il loro uso non sia esente da rischi ma, così come viene presentato l'argomento, sembra quasi che si voglia lanciare l'anatema su questi apparecchi. Personalmente non lo trovo giusto e anzi credo che sarebbe più corretto un approccio più chiaro ed esplicativo in modo che ognuno possa valutare se avvicinarsi al mondo del circuito chiuso oppure no!
    Mi riprometto, se non disturbo, di ri-postare un secondo commento non appena avrè letto e digerito tutto questo articolo.
    Grazie per lo spazio
    Andrea
    La Spezia

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  5. Andrea, grazie per il commento. L'articolo è il frutto dell'esperienza di un medico e subacqueo tecnico (non dell'ultima ora per intenderci) e inquadra l'argomento in modo assai chiaro evitando appunto di nascondere i rischi. Troppe morti "inspiegabili" o attribuibili a "malore" si sono verificate per continuare ad asserire che quegli strumenti siano per tutti e totalmente sicuri. Siamo assai lontani dalla realtà se non facciamo chiarezza. Lucarini spiega quali siano i rischi insiti nell'apparecchio e nelle procedure operative normalmente divulgate come corrette. Leggendo fino in fondo l'articolo scoprirai altre cose che contrastano con ciò che viene normalmente predicato da tanti sull'impostazione della PO2 sul fondo al fine di tagliare i tempi di decompressione. Peccato però che le procedure previste per immersioni particolarmente lunghe e lavorative nel settore della subacquea industriale stabiliscano chiaramente che la PO2 della miscela respiratoria debba essere notevolmente più bassa di quanto normalmente insegnato. E' vero, parliamo di immersioni molto più lunghe ma......utilizzando un rebreather per allungare i tempi di fondo, forse, sarebbe il caso di tenere conto di quanto la pratica di immersioni con standard di sicurezza assai più elevati prevedano. La casistica degli incidenti è assai chiara (e sfavorevole ai rebreathers) e credo sia il caso di guardarla per capire che una tecnica che produce con maggiore frequenza di altre incidenti forse non è una tecnica sicura. Alcuni medici "ingaggiati" da produttori di rebreathers predicano tanto a favore degli stessi negando palesemente standards di sicurezza OBBLIGATORI nel settore della subacquea industriale (settore nel quale si professano esperti). Se sia ignoranza o malafede lo lascio alla valutazione dei singoli.....personalmente ho maturato le mie convinzioni da tempo: la medesima cosa non può essere corretta o sbagliata in base al convegno cui si partecipa ed alle tesi da sostenere di volta in volta. Chi va a fare immersioni per divertirsi ritengo abbia il sacro diritto di sentire campane diverse da quelle suonate dai venditori di corsi per rebreathers: tutto semplice, sicuro ed affidabile. Fermo restando il concetto che ciascuno decide in massima libertà come vivere la propria vita se quel modo non lede l'altrui libertà. Per fare delle scelte consapevoli è bene conoscere in anticipo pro e contro della scelta stessa.

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    1. Egr. Dr. PIRRELLO, grazie per la risposta e per lo spazio che mi ha dedicato, spero di non abusarne.
      Sono perfettamente cosciente e d'accordo con quanto da lei riportato ma, purtroppo, non posso dire la stessa cosa sull'articolo in questione.
      Non voglio difendere a spada tratta i rebreathers, di qualunque marca o tipo siano, ciò che mi "perplime" (passatemi la licenza poetica) è che ho l'impressione che il modo in cui vengono esposte le teorie del Dott. Lucarini abbiano (a mio personale avviso) due pecche: la prima è che in taluni passaggi vengono riportati dei dati del tutto scollegati tra loro e forse un pò troppo forzatamente "piegati" ad avvalorare le tesi dell'autore (ovviamente posso, se occorre, specificare meglio), la seconda è di natura più pratica ma più importante: se vogliamo che la gente sia messa in condizioni di poter capire e giudicare, non serve un linguaggio da medico, serve una spiegazione chiara e semplice anche a costo di occupare 20 pagine web. Ho trovato qualche difficoltà a comprendere tutto quanto è stato esposto nell'articolo sebbene ormai anche io sia un sub di vecchia data che cerca di tenersi aggiornato su tutto il possibile.
      La mia impressione è, e penso possa essere anche quella di altri, che sia un articolo troppo "astioso" nei confronti del fenomeno rebreather.
      Sono assolutamente d'accordo sul fatto che occorra maggiore attenzione, disciplina, addestramento, cura e soprattutto conoscenze fisiologiche per poter usare un apparecchio a circuito chiuso con un minimo di sicurezza. Sono d'accordo su molte cose asserite, ma non posso esimermi dall'affermare che alcuni dei fenomeni descritti possano comparire anche con il circuito aperto, e ciò non è sufficiente a "demonizzare" un rebreather.
      Il web è un'arma potentissima, sarebbe meglio utilizzarla per cercare di trasmettere la conoscenza e non solo i punti di vista!

      Spero di non aver abusato troppo dello spazio ma soprattutto della sua pazienza, spero anche che il Dott. Lucarini non me ne voglia, ho espresso ciò che penso.
      Grazie e buona serata
      Andrea
      La Spezia

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  6. Andrea, con l'ultima parte del suo pensiero concordo in pieno. Ci vuole ordine mentale per usare un rebreather. Persone che io conoscevo sono morte con dei rebreathers ed alcuni erano considerate esperti del settore.......direi quindi che qualcosa che non torna nelle procedure d'immersione ci deve essere per forza. Il Dott. Lucarini ha cercato di spiegare in modo tecnico e non semplicistico cosa accade fisiologicamente respirando in un rebreather e questo era un quesito posto da molti subacquei.
    Sinteticamente si afferma che impostare un set point dell'O2 troppo alto sul fondo al fine di ridurre i tempi di deco non sia una scelta corretta. Difatti nella subacquea industriale si lavora proprio con PO2 molto basse e gli incidenti sono praticamente inesistenti.
    Nell'articolo di Lucarini c'è conoscenza e mi preme sottolinearlo. Molti incidenti inspiegabili si spiegherebbero in questo modo.
    Quello che sicuramente il Dr Deep enfatizza è la motivazione che spinge molti sub ad avvicinarsi al rebreather: non una necessità ma una "voglia di rebreather".
    Il rebreather dovrebbe essere il mezzo per realizzare un certo tipo di lavoro ma spesso viene interpretato come un vezzo. Chi si avvicina al rebreather deve avere tutte le info necessarie per una scelta consapevole anche se brutalmente gli si deve dire che rischia di ammazzarsi sebbene la macchina sia sicura.
    Poi sono assolutamente convinto che non vi sia niente da vietare ciascuno deve essere libero di vivere come ritiene opportuno purchè il suo modo non vada a limitare l'altrui libertà.
    Sempre benvenuto nello spazio per confronti di idee.

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  7. Ciao Fabrizio, ancora non mi sono avvicinato ai REB proprio per la scarsa informazione che ancora regna in questo campo, anzi ti dirò è proprio questo che mi spaventa il fatto, come scrivi anche tu,molti Istruttori si ergono a esperti professionisti facendo credere che si può diventare padroni degli abissi profondi in poco tempo e con poca fatica e soprattutto ci vogliono convincere che si possono raggiungere profiondità incredibili con tempi di fondo sempre incredibili. E' vero effettivamente si raggiungono tempi di fondo incredibili,
    L'ETERNA'.
    Ora io ti chiedo questo:
    perchè persone esperte del settore come te e alcuni altri invece non si occupano di formazione , di un certo tipo di formazione professionale, visto che ne hai le competenze a pieno titolo?
    Se non ricordo male ti stavi occupando della PDIC che ha il settore tecnico ma non hai più continuato, sicuramente ci sono stati buoni motivi.
    Scusa se mi sono permesso, non sto sindacando le tue scelte ma , come ti ho scritto vedo che i professinisti e gli esperti, come te, piano piano si ritirano, invece i buffoni , i millantatori, continuano ad andare avanti, mietendo vittime, proprio come in politica.
    Scusami ancora.Ciao.
    Peter.

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    1. Ciao Peter, il motivo per cui ho deciso di non occuparmi di formazione è riassunto proprio nella frase che hai scritto: "vedo che i professinisti e gli esperti, come te, piano piano si ritirano, invece i buffoni , i millantatori, continuano ad andare avanti, mietendo vittime, proprio come in politica".
      Quando molti anni fa ho deciso di fare della subacquea un lavoro ho intrapreso la via corretta e normale: aprire un'azienda con P.IVA, iscrizione alla CCIAA, posizione contributiva INPS e balzelli vari. Oggi faccio ancora il medesimo mestiere a differenza di parecchi altri.
      Non c'è spazio sul mercato per i professionisti perchè un professionista vero vive secondo legge e non può tollerare la concorrenza sleale di chi invece fiscalmente non esiste mascherato dietro associazioni senza fine di lucro.
      Le agenzie didattiche amano il non profit e questo agevola il proliferare (e morire) di miriadi di istruttori a danno di quei pochi veri professionisti che invece vorrebbero vivere di subacquea facendone un lavoro.
      Non è vero che non esiste una legge per la subacquea perchè l'Italia è piena di leggi che dicono chiaramente come ci si deve configurare per esercitare un'attività economica organizzata al fine di trarne profitto ma è sempre più comodo trincerarsi dietro il non profit e vendere corsi ridicoli o immersioni altrettanto ridicole agli associati.....ed abbiamo club di 5 presone al massimo che si spacciano per diving centers danneggiando i veri diving centers nella totale cecità di chi dovrebbe fare i controlli.
      Ma il mercato è fatto di domanda ed offerta e se quel tipo di offerta sopravvive significa che dal lato della domanda la richiesta di professionalità vera non esiste. O forse non esiste proprio un mercato considerato che alla maggior parte dei subacquei imparare qualcosa non interessa minimamente mentre l'inseguimento del patacchino di plastica è il traguardo finale da sfoggiare. Come ha più volte scritto qualcuno ancora più schietto e diretto di me, nella subacquea prendono rivincite nei confronti della vita quelli che meno riescono a realizzare nella stessa.
      La scelta PDIC Mediterraneo fa parte del passato ed era un progetto nato con degli amici ed una strategia ben precisa. Non naufragò il progetto come un mentecatto ebbe a scrivere (ricevendo una segnalazione all'ordine professionale di appartenenza) ma una decisione mia che riassumo brevemente così: iniziata l'impresa con un amico, il venire meno dello stesso, mi fece perdere l'interesse nell'operazione. Nessun fallimento e nessuna impossibilità di raggiungere l'obiettivo giusto per chiarire.
      Lo farei di nuovo oggi? No, decisamente no. Perchè mi darebbe assai fastidio da imprenditore essere accomunato ad un niente che vive di espedienti. Lasciamo stare la "passione per la subacquea" di cui tanti si riempiono la bocca perchè le passioni vere si coltivano anche vivendo nella regolarità fiscale.
      La gente si ammazza con i rebreather e con la subacquea tecnica? Pazienza! Si tratta di scelte personali ma l'importante è non continuare a ripetere fino alla noia che muore un esperto.... muore un coglione che si riteneva esperto che è cosa assai diversa. Muore come nel tanto ostentato "facendo quel che gli piaceva" e che allora sia lasciato alla migliore morte attesa........peccato che gridino aiuto nel momento in cui si rendono conto che la morte è arrivata per prenderli.
      Non è cinismo ma semplice constatazione della realtà.

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